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DIAMO IL MONDO AI BAMBINI

“Diamo il mondo ai bambini 
fosse pure per un giorno
un pallone a pallini e colore e giocare
e giocare e cantare fra le stelle nel cielo.”
(Nazim Hikmet, Poesie sparse, 1922)



“Cara Luna, voglio dire a te che sei una luce tenue nel blu del cielo in questa notte silenziosa: culla i bambini nei paesi di guerra sollevali dalla fatica e dalla paura. 
Fai un coro con le stelle e cantate a bassa voce.
Cantate una melodia per il loro cuore, 
Cantate una ninnananna dolce, finché arrivi l’alba e poi il sole.”
( Fuad Aziz, Heva Peshmerga kurda, 2020)


Heva - la giovane protagonista del racconto poetico di Fuad Aziz - parte in nome della libertà, va in guerra come Peshmerga, come partigiana: combatte per le donne e gli uomini del suo popolo, ma soprattutto per il sonno dei bambini nei paesi di guerra, portando con sé un libro di poesie di Nazim Hikmet.
Hikmet è il mio poeta preferito.
Quando ci siamo sposati - sul Bosforo - non abbiamo letto altro che le sue poesie.

Poesie di lotta e di amore. “Poesie d’amore e di lotta”. 
Forse le due cose non si possono tenere separate, soprattutto se si pensa ai bambini, alla loro salvezza.

E’ questo il titolo della raccolta di poesie di Hikmet. D’altronde questo poeta era sì un rivoluzionario, ma non uno qualsiasi, un “rivoluzionario romantico” e ogni sua lirica per quanto intrisa di accento patriottico - nel senso del comunismo russo - è pura emozione.

Anche Heva è una rivoluzionaria romantica, non una ribelle, ma una ragazza come tante che non può più sopportare le ingiustizie vissute dal suo popolo. Dai bambini del suo popolo.

Idealmente rappresenta una combattente realmente vissuta: Hevrin Khalaf, morta ingiustamente nell’autunno del 2019. Trentacinquenne segretaria generale del Partito del Futuro siriano, attivista per i diritti delle donne e in prima linea per il riconoscimento dell’identità del popolo kurdo. Martire e partigiana kurda, diventata simbolo della lotta per il suo popolo.

Hevrin è una donna speciale che parla col cuore al cuore delle donne, invitando anche loro a combattere in prima linea per difendere i propri diritti. “La libertà del nostro Paese è la libertà delle sue donne. I diritti riconosciuti alle donne rappresentano lo sviluppo e la modernità della società”

Questi fatti sono terribilmente attuali.
Le partigiane e i partigiani kurdi sono riusciti a liberare Kobane - la città simbolo e centro del Kurdistan - dalle mani dei terroristi dell’Isis, dopo ripetuti attacchi, nel 2014.
Ma ci sono anche altri fatti, troppo attuali, come la musicista kurda Nûdem Durak arrestata nel 2015 e condannata a 19 anni di carcere in Turchia. La sua unica colpa è quella di aver cantato canzoni della tradizione kurda.

“Possono levarmi ogni cosa, ma non la mia lingua, non la mia storia, non la mia voglia di cantare. Sono una donna, una donna curda, una ragazza che ha voglia di ridere e sorridere, di stare insieme ai suoi amici e far musica. E questo non è un reato, è solo la mia storia, la mia anima. E la mia anima non potranno mai imprigionarla.”

Faccio mio, ripercorrendo il fil rouge che va da Hevrin e Nûdem a Heva e da Heva a Hikmet, un parallelo tra avvenimenti storici e fatti recenti, abusi vecchi e nuovi, versi di oggi e poeti di domani, e sento ancora una volta quanto le parole possano essere potenti, molto più delle armi.

Mi porto nel cuore queste parole, le porto via con me, anzi ce le ho scritte addosso.
Sopra al piede ho un tatuaggio: e’ il simbolo sufi del Tutto, il tutto cosmico che unisce l’uno al molteplice, il singolo individuo agli altri. Tu a Me. I tanti tu ai tanti me.

Sono queste, le parole, le sole che resistono alle dittature, alle censure più terribili, ai roghi, alle fiamme, ai carri armati nei villaggi.
Al carcere.

Hikmet mentre parlava d’amore, parlava di paura ma non della morte, ma della vita, dell’immensità della vita e del suo potenziale di libertà riflesso nei bambini.




"O mia rosa, pupilla dei miei occhi,
io non ho la paura di morire
                morire a me dà un senso di vergogna
trovo la morte ostile al mio senso dell'onore."
[16 agosto 1959]  

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