In “Sputiamo su Hegel”, nota raccolta di saggi di Carla Lonzi, ce ne è uno che non dà il titolo al volume ristampato di recente in questa bella edizione vintage da La Tartaruga, sebbene a mio avviso sia il migliore dei suoi scritti.
Qui la filosofa
femminista e attivista italiana entra nel vivo delle tematiche di genere
affrontando importanti tematiche sul corpo femminile. Probabilmente il titolo potrebbe
risultare provocatorio in copertina e forse non immediatamente comprensibile
neanche oggi “La donna clitoridea e la donna vaginale”, oppure ancora peggio sembrare
superficialmente dedicato all’analisi del piacere dei sensi o delle diverse
tipologie di orgasmo per la donna. In realtà, il saggio in questione mi ha
colpito molto perché partendo da una critica puntuale a Hegel-Marx-Freud, ma in
particolare alla psicoanalisi e alla sua concezione dell’“evoluzione” femminile,
pone al centro la donna come essere umano a sé stante in tutte le aree di competenza
umana (sociale, politica, affettiva), inclusa quella sessuale che sembrava
essere l’ultimo baluardo su cui l’uomo riusciva a far leva sulla donna per
perpetuare il proprio dominio. 
La psicoanalisi sbaglia quando
afferma che la maturità dell'essere umano femminile consiste nella disposizione
al darsi e nell'abbandono all'altro. Questa disposizione è invece quella che,
contrapposta alla strada scoperta nell'autoerotismo dalla bambina, la allontana
dal vero erotismo e la relega nel campo del sentimento dove, spinta in quest'inganno
dall'uomo, essa immerge le pure sensazioni carnali, già autonome e bastanti a
se stesse nel raggiungimento di punti altissimi di piacere. (Lonzi 2023: 98)
E’ interessante notare come secondo
Lonzi la forma di manipolazione effettuata dal patriarcato sulla sessualità
femminile, possa essere paragonata all’infibulazione perpetuata da alcune etnie
africane ancora oggi e che l’autrice cita non a caso proprio all’inizio del suo
saggio. Come nel caso delle donne Manja, le vecchie che praticano l’escissione
della clitoride alle ragazze, cantando: “La vostra clitroide, che custodite sì
gelosamente, la strapperò, la getterò a terra, perché sono un uomo, oggi. Ho il
cuore di pietra…”, sono spesso le donne stesse a farsi voce dell’assoggettamento
al volere maschile. 
Questo è il modello di piacere
vaginale che – per citare ancora una volta Lonzi – “intende attirare la giovane
donna clitoridea al coito con la promessa di raggiungere ‘una cosa in più’.” L’autrice
scrive negli anni ’70, basandosi prevalentemente sugli studi di Masters e
Johnson (1966). Le ricerche più recenti confermano che, pur essendo le donne
capaci di distinguere tra le sensazioni provocate dalla stimolazione vaginale e
quelle derivanti dalla stimolazione clitoridea esterna, la maggior parte tende
a preferire l’orgasmo ottenuto tramite quest’ultima, descritta come più
estatica. Lo studio di Herbenick et al. (2018) mostra che solo il 20% delle
donne non necessita di stimolazione clitoridea aggiuntiva durante il rapporto,
e solo il 12% ritiene la stimolazione vaginale più importante. Altri studi
evidenziano una preferenza per l’orgasmo clitorideo, percepito come più intenso
e appagante, sebbene quello coitale sembri offrire una soddisfazione
psicologica maggiore (Clifford, 1978; Davidson e Darling, 1989).
Senza scendere ulteriormente nel
dettaglio delle ricerche attuali sul tema, che come si è visto confermano in
ogni caso le affermazioni di Lonzi, quello che qui interessa è proprio la parte
di una maggiore soddisfazione legata ancora oggi dalla donna al coito proprio a
livello psicologico. Secondo Lonzi, questo è il modello sessuale che l’uomo ha
imposto alla donna per portare all’apice la sua “colonizzazione”. 
Godendo di un piacere come risposta
al piacere dell’uomo la donna perde se stessa come essere autonomo, esalta la complementarietà
al maschio, trova in lui la sua motivazione d’esistenza. 
Quello che Lonzi, riconosce e denuncia nei suoi lavori è proprio la perdita di autonomia della donna come essere a se stante, che avviene su vari piani: innanzitutto quello politico e sociale, a cui si è inizialmente ribellato il femminismo della prima ondata, ma anche quello domestico. Trova traccia di tale dominazione non solo nella psicanalisi, ma anche nella letteratura - l’autrice cita ad esempio Goethe: “La donna è la coppa vuota che riceve il senso.”, ma anche il Kama Sutra, nella filosofia occidentale: “L’uomo è Logos, la donna è Eros, significa che l’uomo è pene e la donna è vagina”, nel marxismo: “Lenin prometteva la libertà, ma non voleva ammettere il processo di liberazione che per le femministe partiva dal sesso”, nelle rivoluzioni culturali degli anni ’70 : “La liberazione sessuale non è la libertà di fare l’amore, ma la libertà di non farlo.”- Lonzi le vede come tutte facce di una stessa medaglia.
L'autocoscienza femminista differisce
da ogni altra forma di autocoscienza, in particolare da quella proposta dalla
psicoanalisi, perché riporta il problema della dipendenza personale all'interno
della specie femminile come specie essa stessa dipendente. Accorgersi che ogni
aggancio al mondo maschile è il vero ostacolo alla propria liberazione fa
scattare la coscienza di sé tra donne, e la sorpresa di questa situazione
rivela sconosciuti orizzonti alla loro espansione. È in questo passaggio che
viene fuori la possibilità dell'azione creativa femminista: è nell'affermare se
stessa, senza garantirsi la comprensione dell'uomo, che la donna raggiunge
quello stadio di libertà che fa decadere il mito della coppia per quanto aveva
di tensione verso un essere da cui dipende il proprio destino.
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