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Visualizzazione dei post con l'etichetta narrativa

Lasciami andare, intervista a Claudia Facchinetti

“ Lasciami andare ” di Claudia Facchinetti racconta cos'è successo al POD di orche arrivate al porto ligure inventando la storia di una quattordicenne che insieme a questi splendidi animali dovrà trovare la propria strada. … 1. Ciao Claudia, raccontaci qualcosa di te e e del tuo lavoro. Fin da bambina avevo tre passioni: gli animali, scrivere e disegnare. Ho scelto la prima e mi sono laureata in Scienze Naturali ma ho subito capito che non era la mia strada. Non sempre quello che amiamo è quelli che ci riesce meglio. Così sono tornata alla mia seconda passione, scrivere, e ho scoperto che potevo usarla per parlare di animali, natura e scienza. Sono diventata giornalista e scrivo libri “bestiali” con l’obiettivo di avvicinare i lettori al mondo naturale, appassionarli e spingerli a mettere in atto comportamenti più sostenibili. Ogni tanto poi tiro fuori matite, pennelli e colori e ovviamente disegno e dipingo animali! 2. Come è nata la teoria di “Lasciamo andare”? Ho seguito la vice

Recensione al romanzo "Come il fiume", di Shelley Read

«Ero una brava ragazza. Ero sempre stata obbediente, rispettosa e servizievole con gli adulti. Avevo letto la Bibbia. Sistemavo le pesche nelle ceste come se fossero di cristallo. Tenevo la casa pulita, le pance piene, la biancheria piegata, la fattoria curata. Non facevo troppe domande, non mi facevo mai sentire quando piangevo. Avevo capito come andare avanti senza una madre, tutto da sola. E poi avevo incontrato uno straniero sporco all’angolo tra North Laura e Main Street, e mi ero innamorata. Come un unico temporale può erodere gli argini e cambiare il corso di un fiume, così un singolo avvenimento nella vita di una ragazza può cancellare chi era prima.» In questo avvincente romanzo, Come il fiume ,  ambientato in Colorado, la storia degli Stati Uniti, dal secondo dopoguerra alla guerra del Vietnam, si intreccia con quella di Torie e della sua famiglia di coltivatori di pesche.   Torie conduce una vita monotona, tipica delle ragazze del suo tempo: fa le faccende di casa e aiuta ne

K. Jennings, Un’isola: recensione

In Un'isola , Karen Jennings dà vita a un personaggio che non ha bisogno del narratore per guardarsi da fuori. Si passa da uno sguardo all'altro con effetto prismatico una microstoria personale su cui grava l'impronta della macrostoria sinistra, ma anche disorganizzata, un universo politico del quale non è importante capire a quale Paese riferirlo. Così è anche per il colore della pelle di chi si sta parlando, forse perché tutti i derelitti ricadono sotto lo stesso cielo cupo, che pesa sui selciati ingombri di rifiuti umani e di rifiuti di rifiuti umani. Bisognerebbe frugare nell’avvicendarsi di dittatori e di partiti di liberatori nei vari stati africani per capire le dinamiche di segregazione, tortura e migrazione descritte nel libro, ma anche in questo caso non è molto importante. C’è un implacabile mano della violenza della condizione umana declinata nelle sue relazioni che guida un poveraccio, Samuel, prima in prigione, suo malgrado, perché è tutt’altro che un eroe pol

Affamata, di cosa? Melissa Broder e l'arbitrio cosmico

Un romanzo che ho divorato, perché lo stile è fresco, ironico e spiritoso. Inoltre ha tantissime stratificazioni e per rimanere in tema sembra una fetta di pane prima imburrata e poi ricoperta da spessi strati di marmellata o nutella, magari quella dietetica. Ma il pane, che è il nucleo centrale, e’ la relazione genitoriale madre-figlia. Una voragine, un grande vuoto, su cui si ergono una serie di disturbi a partire da quello alimentare. “Quello che desideravo, da sempre e più di ogni altra cosa, era essere accolta in un abbraccio totale, l'abbraccio di una madre infinita, assoluta e divina. Volevo smarginarmi e fondermi con un'altra donna, tornare nel sacco amniotico e sciogliermi. Volevo un amore senza fondo, incondizionato, privo di ripercussioni.” Come scrive nella sua nota la brillante traduttrice Chiara Manfrinato il libro e’ innanzitutto divertente e multisensoriale e tratta le tematiche del cibo, sesso e ebraismo e “mommy issues”. Su questo sono d’accordo anche se secon

Infinito Moonlit di Sara Gamberini: qualcosa di poetico e di velenoso insieme

  Questo libro, Infinito Moonlit , è “qualcosa di poetico e velenoso insieme, come certe persone o alcune circostanze della vita.” Quando l’ho cominciato mi sono detta che e’ il genere di libro che potrei scrivere io, con altri contenuti certo, ma poetico e velenoso insieme, o almeno lo spero. Adoro i libri quando sono così poetici, anche se devo ammettere che ad un certo punto ho fatto fatica ad andare avanti con la lettura, mi sembrava di avere a che fare con un cane che si morde la coda. E' questa la parte velenosa, diciamo.  La trama si svolge intorno ad un'unica tematica: l'amore e il disamore e di come il disamore sia in realtà una forma di egoismo. Lo posso condividere, nella vita, ma in un libro è difficile sentire celebrare solo il silenzio, la gentilezza, la pace, la calma, il bosco, la natura. Sono tutti aspetti della realtà meravigliosi, da cui noi occidentali ci siamo senz'altro allontanati, ci siamo allontanati da noi stessi, dall'essenza e l'esse

"Beautiful losers": alla scoperta di romanzi straordinari e poco conosciuti grazie a Romanzi.it

Oggi vi voglio parlare di una nuova realtà editoriale, ovvero Romanzi.it , una start up innovativa fondata nell’aprile 2021 per lanciare la prima box italiana dedicata alla narrativa.   Ho l’occasione di fare un intervista qui sul mio blog a Nicola uno dei fondatori di questa realtà, nonché appassionato lettore. Ho avuto il piacere di ricevere e leggere la box numero 10 dedicata alla casa editrice indipendente Black Coffee, che pubblica narrativa americana. La box contiene tre libri (Ruthie Fear, Last Taxi Driver, Qualcosa di nuovo sotto il sole), un taccuino, una matita per prendere appunti, un segnalibro, una rivista letteraria (sempre diversa a ogni uscita) in edizione speciale e il magazine Blurb! che racconta ai lettori la casa editrice e la rivista protagoniste della box. 1. Come è nato il progetto? Quale è il vostro obiettivo è che cosa volete offrire al vostro pubblico? Abbiamo iniziato a sviluppare il progetto nell’estate del 2020, durante il periodo di lockdown. Inizialm

La traduzione come stimolo alla creatività, intervista a Elisa Banfi

Ho letto ultimamente tre bellissimi libri, guarda caso tutti tradotti da Elisa Banfi, che oggi ho l’onore di poter intervistare qui sul blog dopo averla conosciuta di persona al Salone del libro di Torino (SalTo21). I libri in questione sono Ladra di parole,  La strada delle nuvole , e Matrimonio in cinque atti. I libri sono stupendi e il lavoro della traduttrice è davvero mirabile. In quanto traduttrice io stessa, anche se dal tedesco, non posso che apprezzare il lavoro svolto, soprattutto per quanto riguarda Ladra di parole che è un libro scritto con un inglese volutamente sgrammaticato. 1. Elisa, puoi raccontarci qualcosa di te e di come sei diventata traduttrice? Lavoro nell’editoria da più di vent’anni e ci sono arrivata dopo una laurea in lingue senza un indirizzo specifico. (Non era ancora epoca di master e corsi di specializzazione.) I libri sono sempre stati la mia passione ma la verità è che dopo la laurea ero un po’ indecisa su come proseguire. Ho cominciato a pensar

Cosa mi dice il mare, recensione e domanda all'autrice Lorenza Stroppa

Ho sempre collegato il concetto di madre alla terra, la Madre Terra, dal latino mater, materia, qualcosa di terreno e ctonio, contrapposto al cielo. In questo libro per la prima volta ho visto il mare nella madre, senza la “d” che ha perduto nell’acqua insieme alla millenaria dicotomia che solo la terra ha col cielo. Effettivamente nell’orizzonte marino tutto si fonde, e diventa difficile distinguere il blu del cielo da quello del mare.  “Ci sono due parole che hanno il mare dentro, colmare e calmare. Lo sai perché?” “Perché il mare calma l’animo e colma e riallinea lo spirito...” E’ da un po’ che non leggevo un libro così. Così  intenso, graffiante, intimo, come piacciono a me insomma… Ci troviamo di fronte ad un POV duplice, quasi un dialogo muto tra madre e figlio, o meglio un epistolario. Un intreccio in cui  non c’è contrapposizione, non c’è dualismo tra maschile e femminile o adulto e bambino: i generi sono fluidi non sono importanti, così come i ruoli standardizzati che perdono

Le lettere di Esther di Cècile Pivot

Un epistolario scritto a mano con carta e penna nell’era della digitalizzazione quanto meno incuriosisce, così come attrae la scelta dei caratteri di stampa del libro che sembrano recuperati da qualche vecchia Olivetti. Ciò che appare non è una raccolta di lettere trovata in qualche cassetto di un mobile del passato, ma da un Laboratorio di Scrittura ideato e proposto da Esther, una matura signora libraia di Lille, per offrire la sua collaborazione al miglioramento del proprio stile di scrittura a chiunque volesse avvalersene.  L’idea del Laboratorio è nata nella mente di Esther per la sua personale esperienza  durata anni di corrispondenza col proprio padre, e non per motivi di lontananza, ma per bisogno di confrontarsi, raccontarsi, corrispondere. Per Ester nulla può essere più efficace dei segni grafici impressi sulla carta da una penna che vi trasmette pressioni, pulsazioni che partono dalla mente e arrivano al cuore attraverso la mano. Saranno cinque i corrispondenti che accetta

Tutte le storie tristi sono false, anche e soprattutto quelle vere

Koshuru/Daniel. Due nomi che racchiudono in sé la vita intera di un unico protagonista, la sua storia. Il primo rappresenta il bambino e poi il ragazzo nei campi di zafferano di quel paese meraviglioso che è la Persia e il secondo l’adulto trasportato a forza in un mondo antitetico al primo come può essere l’Oklahoma. Nel suo nome persiano, Koshuru conserverà per sempre il ricordo dei nonni e il profumo e i colori degli sterminati campi di zafferano e dell'incanto dei luoghi dell'infanzia tanto breve quanto felice. E quando cambierà identità, emigrando in America, diventerà Daniel. E' una storia, quella di Koshru/Daniel che "come ogni storia si rannicchia da qualche parte in un'altra storia”. Daniel capisce presto, quando si confronterà col mondo americano,  che "una memoria rattoppata è la vergogna di un profugo"  e  che "i ricordi sono ingannevoli e possono svanire e suppurare. Bisogna sigillarli come sottaceti, altrimenti fermenteranno e ti avvele