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"Portami il girasole impazzito di luce"- dal mito di Clizia alla Clizia (Irma) di Montale

“Portami il girasole impazzito di luce” scrive Montale in una poesia di rara bellezza, su cui in tanti si sono  interrogati circa il significato, soprattutto del “tu ( portami)”. A chi sarebbe rivolta la poesia? Una previsione? Una forma di chiaroveggenza nei confronti della donna di cui si innamorerà almeno 8 anni dopo la pubblicazione di “Ossi di seppia” (1925), in cui compare appunto “Portami il girasole”. Oppure la conferma nella realtà della tanto attesa manifestazione di un ideale. L’ideale della donna pazza d’amore, dal mito di Clizia a Frida Kahlo. Non a caso Irma Brandeis, giovane ebrea americana poliglotta e studiosa di Dante, fu dal poeta chiamata Clizia. La ninfa resa immortale dalle Metamorfosi di Ovidio, sedotta e abbandonata da Apollo, si trasformò nel girasole - fiore, che cambia inclinazione durante il giorno secondo lo spostamento dell’astro nel cielo.

“Malgrado una radice la trattenga, sempre si volge lei verso il suo Sole e pur così mutata gli serba amore.”

Tra Irma/ Clizia e Montale tutto incominciò da un incontro del 1933, che cambierà a entrambi la vita, trasformandosi immediatamente in una storia d’amore irrequieta e complicata, resa eterna con la silloge Le occasioni e con un carteggio di ben centocinquantasei lettere. Una storia parallela al matrimonio con la Mosca (la scrittrice Drusilla Tanzi) del poeta, una storia a distanza intensa perché l’assenza per il poeta è linfa e Clizia, «il girasole impazzito di luce», è la sua salvezza. Gli permette di trovare nella sua fedeltà e dedizione “nonostante” le avversità, ciò che in tempi non sospetti Weininger (Sesso e carattere, 1903) aveva definito insieme il compito e la colpa dell’uomo:


“Solo l’uomo, in quanto dotato di una individualità e di un’anima, può arrivare attraverso all’amore alla consapevolezza di sé stesso.”


E ancora: 


“Nella donna l’uomo non ama che se stesso.”


Con le parole di Lea Melandri nel suo interessantissimo saggio su Weininger “Dialogo tra una femminista e un misogino”:


La donna è «soltanto materia», «assenza di senso», è la «sessualità dell'uomo oggettivata», la sua colpa «divenuta carne» e la sua «maledizione», ma se si decidesse a «rinunciare alle sue intenzioni immorali verso di lui», potrebbe restituirlo al suo «Io migliore». In entrambi i casi, essa è soltanto «mezzo per uno scopo», oggetto per il piacere erotico dell'uomo o «recipiente» della sua idea di perfezione.

Ci sarebbe molto da dire a riguardo, ma per il momento mi basta pensare a Irma/Clizia, con la sua immensa cultura e bellezza, cosa ha ottenuto  -  per lo meno in termini di autodeterminazione se la salvezza le è comunque, in quanto donna, preclusa - da questo amore impossibile, da questa inclinazione assoluta e costante verso il sole?



«Ho paura della mia fantasia che mi fa vivere spazi e tempi che in realtà non esistono; perché io ho visto veramente una nostra casa, un nostro gatto, i nostri libri e, fuori, Costa San Giorgio».


Van Gogh, 1888




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