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Intervista a Francesca Sensini per la curatela del pamphlet di Rachilde "Io non sono femminista"

Oggi ho il piacere di presentarvi Francesca Sensiniprof.ssa associata di Italianistica all’Università Côte d’Azur, nonchè autrice di diversi libri molto interessanti, tra cui il manifesto "Perchè non sono femminista" Rachilde (Prospero Editore 2023), che ho apprezzato molto. 



1. Ciao Francesca, puoi raccontarci qualcosa di te?

Mi chiamo Francesca Sensini (in realtà ho un secondo nome, Irene, che amo molto ma che, per brevità, uso più raramente). Sono nata a Genova ma vivo in Francia da più di vent’anni. A Genova ho studiato lettere classiche – il Mediterraneo antico è la mia grande passione da sempre – per finire con un dottorato a Parigi (con una tesi sui Poemi conviviali, una racconta interamente dedicata al mito e alla letteratura greca e latina, di Giovanni Pascoli). Dal 2013 abito a Nizza, dove lavoro. Sono prof.ssa associata di Italianistica all’Università Côte d’Azur. Oltre a insegnare e fare ricerca, mi dedico alla scrittura di libri non strettamente accademici, sia saggi che narrativa o ancora testi che definiscono “ibridi”, perché incrociano i generi e li contaminano. Curo anche riedizioni di autrici a mio avviso culturalmente significative eppure scomparse dai radar della critica e, conseguentemente, anche da quelli del pubblico di lettrici e lettori. 


2.Come sei venuta a conoscenza dell’opera di Rachilde e come mai avete deciso di proporla in Italia?


Rachilde – al secolo Marguerite Eymery (1860-1953) – fa parte delle voci interessanti che sto provando a sottrarre a un ingiusto oblio. Chi si occupa, come me, di letteratura a cavallo tra Otto e Novecento – la cosiddetta letteratura ‘decadente’ o fin-de-siècle e simbolista – non può non imbattersi in Rachilde. Durante la sua lunga esistenza è stata una delle letterate più influenti e potenti di Francia. Aveva fondato con il marito la rivista del Mercure di France, un foglio letterario di rilievo internazionale, dove si occupava essenzialmente di critica e recensioni. La prima volta che l’ho sentita nominare – e liquidare in un modo abbastanza sbrigativo – è stato nel saggio La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica di Mario Praz, del 1930, accanto a nomi come Oscar Wilde, Karl-Joris Huysman, Gabriele d’Annunzio, per limitarmi a citare qualche nome. In quelle pagine Rachilde figura come una ‘minore’, una figura più stravagante che letterariamente interessante. In realtà, è una penna originalissima e sorprendente. In Italia fu tradotta, in parte, negli anni del suo successo. Esistono poche riedizioni dei suoi romanzi in tempi recenti. 

Rachilde è sicuramente un personaggio notevole della Parigi di fine Ottocento: frequenta i più grandi letterati e artisti del tempo – tutti uomini – li aiuta economicamente, investendo sul loro talento – è il caso per esempio di Alfred Jarry - si veste da uomo, racconta storie a sfondo fantastico-erotico, intrattiene un mistero sulla sua vita privata, è schiva e insieme esibizionista, facendo di sé uno strano mix di signorina di provincia per bene (veniva dal sud ovest della Francia) e di demone perverso. Alcuni amici letterari la ribattezzano Signorina Baudelaire o anche Signorina Salamandra.  Fa scandalo pubblicando un romanzo per l’epoca pornografico, Il Signor Venere, che racconta una storia di dominazione e di inversione dei ruoli di genere tra un’aristocratica anticonvenzionale e ribelle e un efebico, bellissimo fioraio. Tutta la narrativa di Rachilde sta in bilico tra erotismo e perversione, atmosfere gotico-fantastiche e horror. Da grande ammiratrice di Poe, non potevo non interessarmi di Rachilde. E devo dire che i suoi libri – che sono molti – meritano l’attenzione che ho loro riservata. Certo, bisogno apprezzare il genere. 

Pioniera della libertà delle donne di vivere libere e di farsi un posto nella società letteraria egemonizzata da uomini e intrisa di pregiudizi misogini, Rachilde ha praticato il femminismo nella vita dando l’esempio, con un coraggio non da poco per l’epoca. A parole, essendo una grande individualista e molto allergica alla politica – e alla politicizzazione dei temi che tuttavia trattava nei suoi romanzi, ma da narratrice, da letterata, non da politica o teorica – Rachilde non voleva essere etichettata in nessun modo preciso. Il libretto Perché non sono femminista è interessante per tutto il femminismo che c’è dentro e per come Rachilde ci spinga oggi a interrogarci, sempre, sulle nostre contraddizioni, sul divario tra teoria e pratica, e sul senso della letteratura che è, per vocazione, lo spazio di un gioco serio, eppure gioco; uno spazio ambiguo che non vuol dare regole ma tenere sveglio il noi l’esercizio del pensiero critico. Il pamphlet è poi un bel documento d’epoca, di un momento storico di passaggio nella storia dell’emancipazione femminile. Fa il punto su quello che si era ottenuto, in termini di progressi materiali, e su quanto c’era ancora da lavorare. E c’è. Oggi con particolare urgenza. 


3.Quali sfide hai affrontato nella traduzione del pamphlet “Io non sono femminista”?

Il francese è una lingua romanza ed è quindi, in apparenza, molto vicina all’italiano. In realtà, ha strutture, movenze e una logica che poco hanno a che fare con la nostra lingua. Bisogna dunque fare attenzione a non farsi ipnotizzare dall’apparente similarità dei due codici per poter rendere al meglio il ritmo e l’intelligenza del francese in italiano e non cadere nella trappola di una traduzione troppo aderente alla lingua sorgente. Si rischia di creare una prosa italiana rigida, poco naturale anche se, di fatto, comprensibile nel suo senso. La lingua di Rachilde è disseminata di arguzia, di un sorriso quasi sempre presente ma sotterraneo e molto ‘francese’, intelligente e beffardo, a volte un po’ cattivello ma mai sciocco, mai immotivato. È stato quindi un lavoro delicato ed appassionante. 


4.Cosa significa per te essere femminista oggi?

Significa essenzialmente voler contribuire a costruire una società più felice e una rete di rapporti umani – qualunque essi siano, professionali o privati – migliori, più sereni, anche più franchi. Significa, nel mio lavoro di insegnamento, studio, scrittura, cercare di affinare gli strumenti per dare questo mio contributo sul piano culturale e portare i temi che mi sembrano importanti da trattare in mezzo alle persone, studentesse e studenti, lettrici e lettori, semplici curiose e curiosi. Cerco di farlo a ogni occasione e devo dire che, finora, ho riscontri molto belli. Mi sembra che ci sia desiderio – oltre che bisogno – di confrontarsi e di ragionare insieme, in luoghi reali, guardarsi in faccia, stringersi le mani, sentirsi vicine e vicini sul serio. 


5.Puoi raccontarci della tua collaborazione con la casa editrice Prospero editore? 


Io e i coraggiosi fondatori di Prospero ci siamo conosciuti diverso tempo fa (tendo a rimuovere la cronologia precisa…diversi anni addietro comunque) a Praga, in occasione di un evento culturale organizzato dall’ambasciata italiana. All’epoca il progetto editoriale era in via di realizzazione. Da allora siamo rimasti variamente in contatto. Credo che le passioni comuni, una certa idea della cultura, della letteratura, del lavoro che facciamo e del suo senso – oltre a una rete di brillanti amici e amiche comuni – hanno fatto da buona resina nel tempo. Da quest’anno dirigo la collana di prose alternative Ariel. Finora ho curato in questa collana le riedizioni di un pamphlet del 1917 scritto da una giornalista, Flavia Steno – tra le prime giornaliste della storia italiana, oltre a essere una romanziera di grande successo –, Germanesimo senza maschera. Si tratta di un libricino fortemente schierato in senso politico – sono gli anni della Prima guerra mondiale – che permette ai lettori di confrontarsi con la propaganda nazionalista, verniciata di patriottismo buono, di quegli anni e di sempre: la retorica, i temi portanti, le scorciatoie del ragionamento sono sempre le stesse. Mi sembrava molto interessante, in tempi nuove guerre europee e di ritorno in auge di certi discorsi ‘patriottici’, di proporre ai lettori e lettrici di oggi un testo come questo, agile, agguerrito, e con innegabili pregi di stile. Naturalmente l’ho accompagnato da un mini saggi introduttivo necessario per far capire il contesto e far conoscere l’autrice, un’altra letterata dimenticata.  Dopo Steno è venuto il turno di Rachilde, sempre ampiamente introdotta, con un librettino ad alto tasso provocatorio, com’era uso della scrittrice. Con la squadra di Prospero ci si confronta apertamente. Come dicevo, ci stanno a cuore gli stessi obiettivi, impiegare la letteratura di ogni genere come strumento per illuminare il presente, le nostre esperienze, le contraddizioni che viviamo. Omnia stilus solvit - lo stile/lo stilo è una risposta a tutto" - è il motto dell’editore dal nome magicamente shakeasperiano. 

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